Il padre di Benito Mussolini, di mezzi ne possedeva pochi. E per peggiorare la situazione trascurava i suoi interessi chiudendo spesso la sua bottega di fabbro per andare qua e là per la Romagna a diffondere il verbo dell'Internazionale socialista di cui era ardente assertore. Eppure suo figlio Benito, segnato da quello che André Suares nel suo "Peguy" definisce "la più antica nobiltà del mondo" - la povertà, appunto ("Ben pochi ne son degni") - trovò ben presto nella sua inesauribile vitalità interiore e nella sua orgogliosa ambizione, la capacità d'imporre la propria personalità attraverso una lunga serie di vicende avventurose di alterna fortuna. Ne troviamo il fedele e suggestivo racconto nelle pagine dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché nell'umanissimo e interessantissimo "Diario di guerra" che formano l'oggetto di questa terza monografia.
La sua indipendenza di carattere, la sua turbolenta irrequietezza il piccolo figlio del fabbro di Predappio le dimostrò ben presto, nelle scorribande sulle rive del Rabbi, al contatto con la natura, alla testa dei monelli che guidava con sicuro intuito di capo. Mussolini anche allora si sentiva "libero". E alla libertà aggiunse la solitudine anche se sapeva suscitare entusiasmi, tenaci affetti, totali dedizioni.
Eppure, malgrado questa "grinta" esteriore fu anche un sentimentale. Basta pensare alla struggente nostalgia della casa e del paese natio che lo pervadeva nell'austero e rigido collegio salesiano. Il bimbo che si sentiva male in chiesa per l'intenso profumo dell'incenso ed era percorso da brividi di emozioni e scrupoli prima di accostarsi alla Eucarestia, avrebbe poi proclamato il suo duro ateismo.
Ma il suo ateismo era una selvaggia reazione al perbenismo ipocrita e bigotto di una società che andava sferzata con la frusta più bruciante.
L'infanzia, la giovinezza e gli avvenimenti collegati ad essa determinarono in gran parte la formazione del carattere di Mussolini. Certe sue particolari caratteristiche non lo abbandoneranno mai per tutto l'arco della vita. È quindi di sommo interesse coglierne, sin dall'inizio, gli aspetti più rilevanti.
Lettore veloce e voracissimo, studioso attento ed assiduo, agitatore politico d'eccezionale statura sin dai suoi giovanili contatti oratori con la folla. Poi, un'altra fase della sua vita, già adulto, viene descritta con sobrietà e commossi accenti, nel "Diario di guerra". Volontario, bersagliere, combattente fiero e risoluto, compie il suo dovere di soldato senza batter ciglio anche dinanzi alle più dure prove della guerra di trincea, di cui forse il combattimento è quella meno gravosa. Ferito, dopo lunga degenza e convalescenza torna alla sua amata trincea del "Popolo d'Italia" per sostenere il patriottismo degli italiani in quella perfida atmosfera caporettiana.
"Nella trincea è un silenzio pieno di segrete nostalgie" scriverà descrivendo il suo Natale di guerra sulle colline del Carso, oltre il lago di Doberdò. Ed alcune di queste pagine sono autentici brani di eccellente letteratura, che possono stare alla pari con altre descrizioni del fronte di guerra tanto celebrate dai critici. In quel silenzio pieno di nostalgia traspare un desiderio di preghiera, forse nel ricordo struggente degli ormai lontani Natali dell'infanzia.
Vittorio Mussolini
Indice
Prefazione
La mia vita dal 29 luglio 1983 al 23 novembre 1911 - Introduzione
Il mio diario di guerra (1915-1917)
In trincea con i soldati d'Italia
Tra il Monte Nero, il Vrsig e lo Jaworcek
Come si vive e come si muore nelle linee del fuoco
Vicenda della guerra d'assedio
Dalle falde dell'Jaworcek alle vette del Rombon
Dicembre in trincea oltre il lago di Doberdò
Natale in trincea oltre il lago di Doberdò
Saluto, marciando, il 1917
Ferito!