Ho male di luce, ho male di te, Capri solare.
Oh, troppo bella, oh, simile all’onda sul capo del naufrago.
Ma forse ai miei occhi non sei che un raggiante capriccio del prisma,
una dorata nuvola emersa dal fiato del mare?…
No. Sento il tuo cuore che vive, che batte, in un cavo di roccia
del Pizzolungo; e guardia dal mare gli fanno i Ciclopi
che mai non conobbero il sonno; e dal monte le lance
dell’àgavi, e, immote, da torri di rupi, pupille di falchi.
Guizza ancor lungo i fianchi dei tre Ciclopi, e sfavilla
la lucertola azzurra che nacque al tuo nascere, o Capri.
Sacra al tempo, ella è maga, sovrana del sortilegio glauco.
Perfida come l’acqua che intorno agli scogli in cristalli
multisplendenti s’indura, dissolti da un tuffo di remo,
s’io l’afferro mi sfugge e m’irride, lasciandomi agli occhi il barbaglio.
Azzurra è la tua follia, Capri, nube del mare.
Azzurro il canto eterno di che tu colmi i cieli.
S’io debba morire di te, dammi la morte azzurra.