Al teatro Apollo di Roma, si era aperta la stagione invernale (o di carnevale e quaresima, se vogliamo stare ai cartelloni dell’impresario), si era aperta, dico, con l’«Aida» del Verdi. Sempre nuova quella musica, dopo dieci anni che la duchessa Serena di San Secondo l’aveva udita per la prima volta: sempre nuova e sempre bella, come ogni opera d’arte che abbia forte struttura, larghi contorni, giusta distribuzione di parti, sobrietà d’ornamenti. Così il Partenone.... Ma noi parliamo dell’«Aida», e il paragone ha da essere un altro. Così un tempio egiziano, massiccio insieme ed elegante, disfida i secoli, non pure col granito di Siene, onde ha le colonne formate, ma ancora con la policromìa vivace dei capitelli figurati, o delle fasce istoriate; e dopo aver detto tanto, co’ suoi enimmi scolpiti, ad un Belzoni, ad un Champollion, ad un Mariette, ha ancora qualche cosa da dire, e chi sa? forse la miglior parte, al Maspèro.